L’oro biondo del Mediterraneo Al Palazzo delle Stelline degustazioni e incontri per il festival Olio Officina
«L’olio italiano di domani è un olio che non avrà paura». È il messaggio positivo di Luigi Caricato, ideatore del festival dedicato all’oro biondo del Mediterraneo: assaggi, conferenze, amicizie (dell’olio con vino e pane), chiarimenti sugli ulivi malati e pregiudizi e misteri che accompagnano l’olio dalla terra alla tavola. Come la sparizione dell’olio vergine di oliva (a favore dell’extra) e di quello di sansa, meno nobile, ma alla base della piramide degli oli spremuti dalle olive. La quinta edizione di Olio Officina Festival (22-23 gennaio, Palazzo delle Stelline, corso Magenta 61, ingr. 15 euro, orari www.olioofficina.it) è incentrata sulle avanguardie: conoscere significa non aver paura dell’Ogm, come dimostra Angelo Gaja (della casa vinicola) rompendo alcuni tabù, e togliere dall’inferno l’olio di palma, accusato di ogni nefandezza. Pochi ingredienti sono preziosi e bistrattati come l’olio d’oliva. Mascherato, vilipeso, vittima di frodi, l’extravergine rimane un mistero anche nelle etichette, spesso subdole. C’entra il prezzo. Ascoltata in una trattoria milanese, da un commensale inviperito per l’olio portato in tavola dall’oste: «Scommetto che lo paga meno di quello che mette nella sua auto!». Non sempre è così, molti hanno capito che un buon olio nasconde le magagne di un piatto con qualche ombra. Negli anni ’60 avevamo una quota produttiva mondiale del 30%, oggi siamo al 15%. Sul mercato, ci è mancato il coraggio di raccontare una tradizione millenaria. Non piantiamo più ulivi, aumentano le coltivazioni abbandonate. Se ne parlerà tra assaggi preparati da cuochi come Fabrizio Ferrari del Porticciolo 84 di Lecco (consigliere dei Jeunes Restaurateur d’Europa), Massimiliano Mascia (San Domenico di Imola, due stelle Michelin) e Pasquale Torrente (Al convento, Cetara) e incontri come quello sul raw food (crudismo) con l’azienda Pietro Coricelli. Si discuterà anche di frantoi del futuro. L’oro biondo, soprattutto dell’Italia da Nord a Sud, ha tanto da dire: versarne qualche goccia sul pane, usarlo per insaporire il pesce, sono atti di cultura consapevole di cui essere orgogliosi.