BEN TORNATI AL GRAND HOTEL
Per riconoscere il talento negli altri ci vuole talento. E ne hanno avuto i fratelli Roberto, Francesco, Enrico Cerea, rara concomitanza tra imprenditori e maghi dei fornelli (tre stelle Michelin) scegliendo i giovanissimi chef fratelli Lebano (Vincenzo e Antonio) per il nuovo Gallia di Milano. I due ragazzi, napoletani, sono uno dei punti di forza dell’hotel di piazza Duca d’Aosta. La loro cucina incarna alla perfezione la «filosofia Cerea»: italianità, gusto e ingredienti di prim’ordine. L’Excelsior Gallia — del Gruppo Starwood, oltre venti alberghi in Italia, proprietà dell’emiro del Quatar — parla alla memoria dei milanesi: qui si teneva anche il calcio-mercato, e non c’era celebrità che non lo conoscesse. Poi, come capita, la sua stella si oscurò: ma ora, totalmente rifatto e ingrandito da architetti italiani (studio Marco Piva), curatissimo negli arredi (500 opere d’arte) è uno dei due o tre grandi alberghi che fanno di Milano una vera metropoli. Dalla terrazza, con i cocktail orchestrati dal barman Matteo Pasolini, si gode uno dei panorami più aperti: sembra di trovarsi in un’illustrazione di Saul Steinberg, con i tram gialli che tagliano la piazza della Centrale. Nel ristorante al piano della Terrazza, con alle pareti fotografie in bianco e nero di Giovanni Gastel, si gustano piatti come risotto con scampi di Sicilia e capperi di Lipari, scampi e insalata di ovoli crudi, merluzzo d’Alaska su crema di pomodoro giallo. Pane e grissini, autoprodotti, arrivano caldi e croccanti. Al dessert, tiramisù scomposto e cannoli farciti di crema al momento, come va fatto. I fratelli Lebano lavorano con umiltà, sicuri che solo così si arriva sempre più in alto. «Oggi — dice Francesco Cerea — è facile che gli chef si montino la testa. Ma io dico sempre: non siete chirurghi, fate un bel lavoro, ma non credetevi semidei. Noi Cerea, consulenti per il Gallia, ci siamo sempre comportati con umiltà». L’umiltà dei forti, visto i successi a Brusaporto, nel tristellato Vittorio, e in tutto il mondo. Il ristorante del Gallia vanta una saletta privata, con un unico tavolo da otto o dieci posti, chiamata Maserati per omaggiare un brand italiano. Il rapporto tra la parte Belle Époque del Gallia e l’addizione architettonica verso il grattacielo Pirelli, è armonico. Le camere sono 235, di cui 53 suite, tra le quali (quasi finita) la Quatar Suite di mille metri quadrati, con Spa privata. Inaugurato da poco, il Gallia mostra già un trend in crescita. Per posizione e attrattiva, è sempre più utilizzato dai milanesi che (come succede a Londra e New York) attraversano la hall sotto il lampadario in vetro di Murano alto 30 metri per un aperitivo, un tè, un bicchiere di Franciacorta, una cena dai Lebano. Il grande hotel come contenitore di grandi esperienze, a partire da quelle gastronomiche.