Agnello sì, ma con menta e liquirizia Nei menù dei giorni di festa, piatti della tradizione rivisitati e specialità da tutte le regioni italiane
Quest’anno occorre rivedere il classico «Pasqua con chi vuoi»: sono 8 su 10 gli italiani che celebrano la ricorrenza a casa (dati Confesercenti). La spesa media (68 euro) per la tavola comprende anche il giorno di Pasquetta, tradizionalmente dedicato alle gite fuori città. Tra gli ingredienti più diffusi, nei menù domestici e dei ristoranti, uova, asparagi e colomba. L’80% dei menu, a dispetto delle campagne animaliste, prevede l’agnello come portata principale, secondo la tradizione anche milanese. C’è chi risparmia mesi pur di permettersi, almeno a Pasqua, il pranzo in un lussuoso cinque stelle. Al Mandarin Oriental, anche se il Seta è chiuso, si mangia al più economico bar bistrot. Sotto la regia di Antonio Guida, piatti originali, come l’uovo impanato e fritto con purea di asparagi, tartufo e gorgonzola (95 euro). Il Four Seasons attinge dalla tradizione e accosta fave e pecorino ai gamberi al vapore (110 euro). All’Hotel Gallia, in terrazza al settimo piano, i fratelli napoletani Lebano colorano di sud il menu pasquale (90 euro), con cavatelli, capretto e pastiera. Da Pisacco si scelgono piatti a tema, come l’agnello menta e liquirizia o la colomba con zabaione. Ma la tendenza del momento, oltre l’alta cucina nei cinque stelle, è mangiare regionale. Soprattutto per i milanesi (la maggioranza) che cercano in città o appena fuori un luogo dove ritrovare i sapori delle origini. I napoletani veraci non hanno dubbi: il pane di Pasqua come si fa in Campania lo trovano da O’ Peperino, il locale di Nicoletta Taglialatela, che fa anche una pizza da Nobel. «Per Pasqua ripropongo il casatiello impastato con formaggi, salumi e uova, cotto nel forno a legna. Poi frittata di asparagi e ricotta salata con coppa e fave fresche». Non cita la pastiera, ma è da premio Nobel. I siciliani, invece, si ritrovano al 13 Giugno Bistrot per caponata, beccafico, arancine e panelle. I pugliesi veraci si spostano appena fuori città, in quella che solo apparentemente è una pizzeria. In realtà, i cavatelli impastati con grani antichi e conditi con cime di rapa, tra i più buoni della Lombardia, si mangiano da Costa a Cinisello Balsamo (dulcis in fundo, le «cartellate»). A Pasquetta, se il tempo lo permette, si mangia all’aperto, magari con riparo a portata di mano. Per esempio affacciati sul minuscolo bacino di Mergozzo (Verbania) dove si trova il Piccolo Lago di Marco Sacco, che riapre dopo la pausa invernale: in menu, il magnifico capretto della Val d’Ossola. Nel Cremonese, a Madignano, una delle ultime autentiche trattorie: il cuoco e patron Bassano porta in tavola i suoi impareggiabili tortelli cremaschi (consigliato, il gelato homemade). E a San Giuliano Milanese, Luca Gagliardi — cuoco che convince Gualtiero Marchesi — si destreggia tra agnello e pescatrice alla Rampina, indirizzo tra i più antichi d’Italia.